un disordine ricercato

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I luoghi dell’anima

Wilhelm Wundt, – psicologo tedesco, padre fondatore di una disciplina che inserisce dentro rigorosi criteri sperimentali e “integralmente rinnovata nel metodo” come scrive nell’introduzione ai suoi scritti Claudio Tugnoli – apre l’ultimo capitolo dei suoi Lineamenti di psicologia, con una riflessione sul concetto di anima. Il suo straordinario lavoro, basato su un rigoroso approccio sperimentale d’impostazione strutturalista che rinnega ogni metodo speculativo, permette di rivedere integralmente i parametri delle discussioni incentrate sui rapporti tra “scienze della natura e scienze dello spirito”, liberandoli dalle “ipotesi metafisiche che la impacciano”. L’obiettivo di Wundt di “rinnovare la metafisica elaborando una sintesi non contradittoria dei risultati scientifici e dei presupposti idealistici”, lo porta a riflettere sull’idea di Leibniz dell’unità spirituale e dell’armonia dell’universo, facendone la sua nozione fondamentale di metafisica. L’influenza del filosofo tedesco è esplicita nell’elaborazione del concetto wundtiano di parallelismo psicofisico che ingloba quelli elaborati da Leibniz di “armonia prestabilita” e di “attualità dell’anima”. La rappresentazione, quindi, secondo Wund in Leibnitz, viene concepita “non come rispecchiamento delle immagini delle cose reali, bensì come attività e il desiderio come una tensione verso questa attività.

L’insegnamento del padre della psicologia sperimentale e la centralità nel suo pensiero del rapporto fra corpo e anima, fra processi psichici e fisici in cui le forme eterogenee possono connettersi per far sortire “un continuo miracolo”, sono riaffiorate alla mente guardando le fotografie scattate da Maurizio Anselmi durante un lungo arco di tempo nei quattro parchi abruzzesi che sono compongono il Parco nazionale d’Abruzzo, uno dei patrimoni naturalistici più importanti d’Europa. Desiderio, armonia universale, parallelismo tra resa oggettiva e visione metafisica, ricerca di un’anima incardinata nella natura, sono tutti elementi centrali riflessioni di Wilhelm Wundt e sembrano iscriversi perfettamente nelle immagini fotografiche raccolte in Soul’s Landscapes.

Le foto di Anselmi, accolgono la lezione dei grandi maestri del Gruppo f/64 che scelsero la nitidezza dell’immagine come vangelo assoluto per opporsi allo stile fintamente romantico ed estetizzante dei fotografi pittorialisti. Egli fa risplendere con estrema esattezza una pelle della natura osservata con uno sguardo che usa il dato oggettivo, la meticolosità scientifica come strumento essenziale capace di evocare lo stupore che proviamo quando di un luogo ci viene rivelata la sua essenza: l’anima. Un’anima che risplende nelle brezze tonali dell’azzurro impalpabile delle acque di un lago solcate da un’imbarcazione ridotta a minuscola traccia nera. Negli stellati prati verdi cosparsi di piccoli fiori che ricamano un paesaggio in cui risuonano degli echi fantastici portati al cinema da Peter Jackson con Il signore degli anelli. Nei desertici, sconfinati orizzonti solcati da nuvole minacciose che ricordano i paesaggi dell’Anatolia e ospitano solitari pastori. Nelle infinite variazioni di tinte rugginose dei boschi d’autunno che richiamano le spettacolari meraviglie americane dell’Indian Summer. Nei ruscelli impetuosi colti come nastri evanescenti che fluiscono tra rocce cosparse di muschii e vegetazioni degni di un paradiso terrestre. Nelle cime svettanti, incastonate in cieli turbinosi che accolgono piccoli laghetti tramutati in specchi dalle carezze di luci lontane. Specchi d’acqua che riflettono in modo speculare montagne eterne, trasformando il paesaggio in una sorta di allucinazione visiva dove l’alto e il basso, il cielo e la terra dialogano per mostrarci il continuo miracolo dell’eterogeneo di cui parlava Wilhelm Wundt.

Solul’s Landscapes di Maurizio Anselmi, pur nella loro scientifica e topograficamente esatta ricostruzione territoriale, riescono a superare la descrizione di una geografia circoscritta e ci conduce nei territori che tendono ad esprimere una natura universale, i luoghi del nostro più profondo sentire, delle nostre anime. Egli ci invita ad avere uno sguardo attento e a guardare al mondo con l’occhio adombrato da Merleau-Ponty, che “compie il prodigio di aprire all’anima ciò che non è anima: il gaio dominio delle cose, e il loro dio, il sole. Anselmi con il suo recente lavoro, frutto di uno scientifico approccio e di un poetico sguardo ci dona una preziosa speranza, poiché come sostiene Emily Dickinson: “La speranza è qualcosa con le ali, che dimora nell’anima e canta la melodia senza parole e non si ferma mai.”.